Carboidrati buoni e carboidrati cattivi: quali scegliere?

Come riconoscere i carboidrati buoni per la dieta e la salute? I glucidi, chiamati più comunemente carboidrati, svolgono l’importante funzione di fornire energia al nostro corpo per riuscire a svolgere tutte le attività quotidiane e supportano le nostre funzioni biologiche.

Carboidrati
Come scegliere i carboidrati

I vari tipi di carboidrati

In base alla loro struttura chimica i glucidi si dividono in:

1. Carboidrati semplici: 

I carboidrati semplici (zuccheri) comprendono:

  • CarbSemplMonosaccaridi come il glucosio, il fruttosio e il galattosio (costituente del lattosio contenuto nel latte e nei suoi derivati), e i
  • Disaccaridi, quali il saccarosio “zucchero da tavola” (glucosio+ fruttosio), il maltosio (glucosio+ glucosio) e il lattosio (galattosio+ glucosio).

Gli zuccheri sono presenti naturalmente negli alimenti primari sia in forma raffinata sia incorporati in alimenti e bevande per migliorarne il gusto. Questi zuccheri sono assorbiti in maniera rapida dall’organismo perché non richiedono attività metaboliche in quanto non hanno bisogno di essere degradati; in altre parole, forniscono “energia pronta all’uso”.

2. Carboidrati complessi:

Sono formati da più unità di monosaccaridi e richiedono un lavoro digestivo più impegnativo per essere trasformati in glucosio. Proprio per questo motivo sono assorbiti più lentamente dal nostro organismo e forniscono energia a lento rilascio.

Sono rappresentati essenzialmente da:

  • Amido: presente soprattutto nei cereali, nei legumi secchi e nelle patateCarCompl
  • Fibra alimentare che troviamo negli ortaggi, nella frutta e nei legumi freschi. I carboidrati complessi non assimilabili, come ad esempio la cellulosa, l’emicellulosa e la pectina, sono un’importante componente della fibra alimentare. Svolgono l’importante funzione di facilitare il transito intestinale e il raggiungimento del senso di sazietà. Inoltre regolano l’assorbimento di alcuni nutrienti contribuendo al controllo della glicemia e della colesterolemia.

I carboidrati complessi possono anche essere classificati  in cereali integrali e raffinati. 

La raffinazione è un processo di trasformazione alimentare capace di eliminare sostanze o parti di alimenti. Un esempio di raffinazione è quella che prevede l’eliminazione del germe e della parte esterna del chicco di grano per ottenere la classica farina bianca.

Questo processo, però, elimina anche alcuni nutrienti importanti, primo fra tutti la fibra alimentare indispensabile per controllare i “picchi” glicemici. Questi sono responsabili della “ipoglicemia reattiva” che ci porta a cercare nuovamente alimenti a base di carboidrati semplici per innalzare ancora la glicemia, superando il fabbisogno giornaliero di zuccheri. Ecco perché è preferibile orientare la scelta sui cibi integrali.

Perché preferire i carboidrati complessi?

I carboidrati complessi aiutano a controllare i livelli di glucosio, colesterolo e trigliceridi nel sangue. Sono anche utili per perdere peso grazie alla loro capacità di aumentare il senso di sazietà. I carboidrati devono essere presenti nella nostra dieta quotidiana.

La FAO (Food and Agriculture Organization) e l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) raccomandano di ingerire il 50-60% dell’energia totale dai carboidrati, ma solo il 10% dagli zuccheri semplici, allineandosi perfettamente allo schema della “nuova piramide alimentare“.

Indice glicemico e carico glicemico, due importanti concetti

L’indice glicemico e il carico glicemico sono dei concetti sviluppati per analizzare il comportamento del cibo durante la digestione. Questi classificano cibi ricchi di carboidrati in base alla velocità del loro effetto sul livello di glucosio nel sangue.

L’indice insulinico

E’ una classificazione simile, più recente, che classifica il cibo in base al suo effetto sui livelli di insulina nel sangue, causato dai vari macronutrienti (soprattutto dai carboidrati) e da alcuni amminoacidi presenti nel cibo.

L’indice glicemico

E’ una misura di quanto velocemente i carboidrati del cibo vengono assorbiti. Indica la velocità con cui aumenta la glicemia in seguito all’assunzione di un quantitativo dell’alimento contenente 50 g di carboidrati. Viene ottenuto misurando l’andamento della curva a campana dal momento dell’ingestione a due ore dopo.

Un cibo con un punteggio dell’IG alto produce un grande picco momentaneo di glucosio dopo il suo consumo. Al contrario, un alimento con un basso indice glicemico provoca un’elevazione del glucosio nel sangue più lento e sostenuto. Ecco la scala di valori dell’indice glicemico:

  • Fino a 40 l’indice glicemico è considerato MOLTO BASSO.
  • Da 41 a 55 l’indice glicemico è considerato BASSO.
  • Tra 56 e i 69 l’indice glicemico è considerato MODERATO.
  • Da 70 in su l’indice glicemico è considerato ALTO.

Il solo controllo dell’indice glicemico degli alimenti tuttavia non permette di capire che quantità di un alimento può essere consumato per raggiungere una soglia che causi iperglicemia. Questo perché considera solo la velocità di assorbimento dei cibi glucidici ma non la quantità o l’innalzamento della glicemia relativo ad una data porzione di glucidi. Diventa quindi indispensabile tenere in considerazione il carico glicemico.

Il carico glicemico

E’ la misura che determina l’impatto di una data quantità di glucidi presenti in un pasto. Serve a comprendere in che quantità può essere assunto un cibo glucidico per prevenire l’iperglicemia. In base a queste considerazioni si può capire che i cibi ad alto indice glicemico non causano iperglicemia in termini assoluti, ma dipende dalla quantità in cui vengono assunti. Allo stesso modo si può parlare dei cibi ad indice glicemico basso e medio, che in determinate quantità, sono comunque capaci di causare iperglicemia. Tutto insomma dipende dalla giusta quantità.

Glucidi ed IG

I cibi glucidi sono poi soggetti a forti variazioni, bisogna dunque tenere conto di diversi fattori come:

  • Varietà di un alimento: le diverse varietà di frutta od ortaggi hanno un diverso IG;
  • Maturazione: più un frutto è maturo, maggiore è l’IG;
  • Rapporto tra diversi carboidrati: la composizione di diversi glucidi (ad esempio il rapporto tra fruttosio e glucosio per il miele) all’interno di un elemento modifica l’IG
  • Zona di coltivazione: la diversa provenienza e il diverso clima causano una variazione dell’IG;
  • La raffinazione: i cibi raffinati hanno un IG più alto;
  • Contenuto degli altri macronutrienti: un maggiore contenuto di grassi e di proteine porta un IG più basso, ma un indice insulinico maggiore;
  • Quantità di fibre: il maggiore contenuto di fibre  determina un IG più basso;
  • Grado di idratazione: un cibo glucidico maggiormente idratato è più digeribile di uno secco
  • Grado di masticazione: un cibo masticato meno ha un IG inferiore allo stesso cibo masticato di più;
  • Tempi di cottura: la cottura di un alimento amidaceo aumenta l’IG in maniera proporzionale. Ricordate quindi che è meglio mangiare la pasta al dente.
  • Pasti precedenti e orari: l’impatto glicemico di un pasto glucidico varia in base agli orari e alla composizione dei pasti precedenti. E’ sempre meglio non fare pochi pasti e abbondanti ma 3 pasti principali e due spuntini al giorno.

I carboidrati fanno ingrassare?

NO! All’interno di una dieta non vanno eliminati pane e pasta, l’importante è non superara il fabbisogno calorico giornaliero e non abusare di condimenti grassi. La dieta mediterranea prevede una quota di carboidrati (semplici e complessi) pari a 50-55% del fabbisogno giornaliero. Più dell’80% deve essere rappresentata dai carboidrati complessi. Ricordate però di preferire sempre carboidrati integrali.

Carboidrati

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